IL TRIBUNALE

    Pronunciandosi sulla richiesta di convalida dell'arresto di Bicer
Florin,  nato a Bucarest il 24 aprile 1975 ha pronunciato la seguente
ordinanza.
    Bicer  Florin  e' stato tratto in arresto il 30 settembre 2003 ad
opera  della Polizia stradale di Arezzo in flagranza del reato di cui
all'art. 14,  comma  5-ter  d.lgs.  286/1998, in relazione al mancato
allontanamento  dal  territorio  nazionale  in violazione dell'ordine
impartitogli dal Questore di Roma in data 9 settembre 2003;
    Rilevato  che  il  difensore  dell'arrestato  si  e' opposto alla
convalida  chiedendo  termine  a  difesa  che  deve  essere sollevata
d'ufficio,   ravvisandosi   profili   di   incostituzionalita'  della
previsione  di cui all'art. 14, comma 5-quinquies d.lgs. 286/1998, la
questione  di  legittimita'  della  predetta norma con riferimento al
disposto di cui all'art. 13 della Costituzione:
        che,   essendo  chiamato  questo  giudice  a  decidere  sulla
convalida dell'arresto, la rilevanza della questione e' in re ipsa;
        che,  quanto  alla non manifesta infondatezza della questione
devono svolgersi le considerazioni che seguono;

                            O s s e r v a

    Il  reato di cui all'art. 14, comma 5-ter del decreto legislativo
286/1998  sanziona  la  condotta  del  cittadino  straniero che, dopo
essere  stato  raggiunto  da  decreto  prefettizio di espulsione e da
ordine  del  questore  di  allontanamento  dal territorio dello Stato
entro cinque giorni a mente dell'art. 14, comma 5-bis predetta legge,
si trattenga, in violazione di tale ordine, senza giustificato motivo
nel territorio stesso.
    La  pena  prevista e' quella dell'arresto da sei mesi ad un anno.
Discende  dalla  natura  di  reato  contravvenzionale  dell'anzidetta
fattispecie  l'impossibilita'  di  applicazione  di  qualsiasi misura
cautelare  personale  ai sensi degli artt. 272 e seguenti c.p.p., non
essendo  operativa  neppure  la  deroga  prevista,  a prescindere dai
limiti  di  pena  ma per i soli delitti, dall'art. 391, quinto comma,
ultima parte, del codice di rito.
    Si  viene  dunque  a  realizzare una situazione per la quale alla
privazione della liberta' personale operata dalla polizia giudiziaria
in  forza  dell'obbligatorieta'  dell'arresto  previsto dall'art. 14,
comma   5-quinquies   d.lgs.   286/1998,   non  puo'  mai  conseguire
l'applicazione  di  una  misura  coercitiva  da  parte dell'autorita'
giudiziaria.
    Viene  allora  in  rilievo  la  questione circa la conformita' al
dettato costituzionale della previsione normativa in parola.
    Il   contrasto   appare   riferibile   all'art.  13  della  Carta
costituzionale,   laddove,   dopo  la  preliminare  enunciazione  del
fondamentale  principio della inviolabilita' della liberta' personale
e dell'inammissibilita' di qualsiasi forma di detenzione, ispezione o
perquisizione   personale   che  non  intervenga  per  atto  motivato
dell'autorita' giudiziaria nei soli casi e modi previsti dalla legge,
ammette  e  regolamenta  le  ipotesi  in  cui, in casi eccezionali di
necessita'   ed   urgenza   tassativamente   indicati   dalla  legge,
l'autorita'   di   pubblica  sicurezza  puo'  adottare  provvedimenti
provvisori  nelle  anzidette materie, provvedimenti che devono essere
comunicati  entro  quarantotto  ore  all'autorita' giudiziaria per la
convalida, in difetto della quale i provvedimenti stessi si intendono
revocati e restano privi di ogni efficacia.
    L'impianto  della norma costituzionale in parola configura dunque
un  sistema  in  cui  viene  riconosciuto alla polizia giudiziaria un
potere  in materia di restrizione della liberta' personale esercitato
in  via  meramente  anticipatoria  e  di supplenza, e per i soli casi
eccezionali  di necessita' ed urgenza, rispetto a quello riconosciuto
in via ordinaria ed esclusiva all'autorita' giudiziaria.
    Il  provvedimento della polizia giudiziaria pertanto e' destinato
sin   dall'inizio  ad  essere  superato  e  sostituito  dall'atto  di
convalida  dell'autorita', giudiziaria in temporanea vece della quale
la stessa ha agito.
    Se  cosi'  e',  non  puo'  che  risultare  dubbia la legittimita'
costituzionale  di  una  norma  come l'art. 14, comma 5-quinquies che
impone  alla  polizia  giudiziaria  l'adozione  di  un  provvedimento
restrittivo  della  liberta'  personale in un'ipotesi di reato in cui
mai  l'autorita'  giudiziaria potrebbe, per le ragioni sopra esposte,
applicare una misura cautelare personale.
    Viene  dunque  ad  infrangersi  in  questa situazione il nesso di
strumentalita' e provvisorieta' che secondo il dettato costituzionale
deve   legare   il   potere   della   polizia  giudiziaria  e  quello
dell'autorita'  giudiziaria  venendosi  a configurare in favore della
prima,  anziche'  un  potere  precautelare,  un  potere  autonomo  di
restrizione   della  liberta'  personale  che  e'  insuscettibile  di
conferma  da  parte  della  seconda,  vincolata  dal  vigente sistema
normativo  in  materia di limiti all'applicazione di misure cautelari
personali alla remissione in liberta' dell'arrestato.
    Per  tali  motivi,  in  presenza  di  seri  dubbi  in ordine alla
legittimita'  della  norma in esame, la stessa deve essere rimessa al
vaglio della Corte costituzionale.
    Dovendosi,  secondo  legge,  sospendere il presente procedimento,
deve   essere  immediatamente  disposta  la  remissione  in  liberta'
dell'arrestato in mancanza di adeguato titolo detentivo.